Avevamo trovato troppo traffico in tangenziale e questo aveva contribuito ad innervosirlo molto. Si aggiungeva inoltre, tutta l’adrenalina della giornata appena trascorsa insieme, quella simulazione di volo che, per qualche ora, lo aveva reso un pilota d’aerei, capace di fare un “touch and go” in pochissimi secondi. “Non dormo con te” mi disse raggiungendo finalmente lo svincolo autostradale vicino casa “Sono troppo stanco”.
Voltai il viso verso il finestrino per non mostrargli la delusione, ma continuai a tenere stretta la sua mano destra, anche mentre scalava le marce. Giunti al primo semaforo dopo circa due ore di autostrada, mi tolsi la cintura per rimettere il giubbotto, il freddo di metà novembre era diventato, da giorni, pungente.
Ripresi la sua mano e mi portai il suo indice alla bocca. Succhiai ripetutamente, con movimenti lenti, quel dito così poco affusolato e allo stesso tempo perfetto. Percepivo l’accelerazione del battito cardiaco dal colletto della sua polo blu navy, che balzava avanti e indietro come sottoposto ad un blando vento. Mi passò il pollice intorno alle labbra e chiusi gli occhi.
Non avevo mai desiderato così tanto un uomo nella mia vita, sentivo la mia vulva pulsare mentre continuavo a girare la mia lingua intorno alle sue dita, mentre con la mente glielo prendevo in bocca, lì, in mezzo alle luci della città. Il mio corpo fremeva, sentivo i peli delle braccia rizzarmisi sotto il vestito; volevo convincerlo a tutti i costi a godere con me quella notte.
“Salgo su, ti spoglio e me ne vado.” Il suo tono era più severo del solito, pensare che volesse punirmi per qualcosa che era andata male durante la giornata mi eccitò ancora di più. Giunti a casa mi fece sdraiare sul divano, mi prese la nuca delicatamente e sentii la sua lingua calda che si muoveva sapientemente nella mia bocca, non più come se stesse cercando ma come se avesse trovato un posto sicuro in cui lasciarsi andare.
“Perché io sono nuda, mentre tu sei ancora vestito?” gli chiesi a bassa voce. “Perché tu non mi hai ancora spogliato” disse sorridendo. Sentivo di avere ancora addosso l’odore della vinavil che durante l’ora di arte avevo usato con i miei alunni, ma il pensiero che lui potesse addormentarsi o peggio ancora, andarsene, mentre ero sotto la doccia, mi fermò e iniziai a denudarlo con una voracità tale che mi sorrise mostrando i suoi bellissimi denti bianchi.
Si stese a letto e incominciai a succhiarglielo come avevo fatto poco prima con il suo dito. Girai intorno al glande la lingua che aveva ancora il sapore della sua saliva e piano cercai di scendere fino a quando sentivo i conati bussare alla porta dello stomaco. Mi spostò i capelli per vedere i miei occhi mentre le mie mascelle si restringevano per dare spazio alla maestosità del suo pene.
Mi fece girare per poter guardare la vagina. Mi infilò un dito dentro e col pollice sfiorò il mio clitoride, accarezzò il perineo, toccò l’ano quasi a volersi far spazio ma il mio sussulto fece perdere il controllo della situazione anche a lui.
Aprii le gambe e mi misi a cavalcioni sopra di lui. Il suo membro, durissimo, mi unì a lui. Tirai la testa all’indietro e sussultai. Provai a muovermi ma le sensazioni erano così forti che pensai di essere su un’altalena e di voler essere spinta. A volte mi fermavo per guardarlo, nudo, perfetto così, mio. Mi guardò negli occhi, mentre con la mano sinistra afferrava il mio seno e disse: “Sei spettacolare”.
“Sono mai stata meglio di così?” pensai. Mentre il respiro di entrambi si faceva assordante, con le dita riprese ad esplorarmi l’ano. Il sesso anale era un suo grande desiderio e io per lui avrei fatto qualsiasi cosa, ma la larghezza del suo membro non mi lasciava scampo. La paura prendeva il sopravvento. Aprii il mio cassetto e tirai fuori il vibratore che mi aveva regalato Simona al mio compleanno. Un potente oggetto viola e argento con una piccola protuberanza per l’ano che io però utilizzavo per trastullare il clitoride quando mi masturbavo.
Mi prese per i capelli, da dietro, e mi infilò la lingua in gola , piano, delicatamente, e nello stesso tempo spinse il suo pene dentro di me, facendomi fare un balzo in avanti. Con le mani tenevo stretta le lenzuola mentre il suo corpo sudato, sbatteva contro il mio.
Prese l’olio di mandorle che tenevo sul comodino e mentre continuava a baciarmi e a tirarmi la coda di cavallo, mise quella protuberanza nel mio ano, provocandomi uno strozzato urlo. Mi chiuse le gambe, per farmi sentire ancora di più tutte quelle sensazioni messe insieme; spinse dentro quell’oggetto che tempo prima mi aveva restituito un orgasmo che da sola non riuscivo ad avere, mi baciò le spalle, mi passò la lingua nell’esterno dell’orecchio e lo sentii venire. Tolsi il vibratore da quel luogo fino a poco prima inesplorato e lo appoggiai sul clitoride che, in pochi secondi, iniziò a contrarsi.
Lasciò lentamente la presa dei miei capelli, allontanò il corpo dal mio e sorrise. “Ti è piaciuto…volare?” mi chiese prima di addormentarsi di colpo sul mio letto. Gli strinsi le braccia intorno alla sua vita e mi addormentai anch’io, pensando che, accanto a lui, era bello fare qualsiasi cosa.
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